Era la prima volta che le ascoltavo con attenzione, ero stupita da quanto parlavano, l’ardore che mettevano nel ripetere dieci volte la stessa cosa in forma diversa per evitare di ammettere che, in fin dei conti, da un’eternità non avevano un bel niente da dirsi, ma un essere umano ha bisogno di parlare, altrimenti perde la sua stessa umanità, l’ho capito in questi ultimi anni.
«Ma parlare ci spiegherà perché siamo qui? Tu non ne sai più di me, né più di chiunque altra qui dentro.» «No, ma saprei cosa ne pensi tu, tu sapresti cosa ne penso io, e forse questo ci farebbe venire un’altra idea, e avremmo l’impressione di comportarci come esseri umani e non come automi.»
La mia ignoranza non era più un’umiliazione per me da quando avevo sfiorato una conoscenza troppo dolorosa per essere tollerabile.
«A quel punto riconosceranno che esisto. Se fai una cosa vietata, è l’azione a essere condannata. Ma se fai una cosa che non è stata proibita e si interviene, non è l’atto ad attirare l’attenzione, sei tu.»