La ragazza dello Sputnik

Haruki Murakami

Dicembre 2020

Poi, circa sei mesi dopo, esattamente come io avevo previsto, Sumire si innamorò, all'improvviso e in modo violento e travolgente come un tornado su una pianura. Di una donna, sposata e di diciassette anni più grande. La sua «ragazza dello Sputnik».

– Saresti capace di spiegare la differenza tra «segno» e «simbolo» in meno di cento parole?
Sumire prese il tovagliolo dalle ginocchia, si asciugò leggermente le labbra e tornò a posarlo. Non capiva dove la sua interlocutrice volesse arrivare.
– Segno e simbolo?
– Non c'è un significato particolare. Era solo un esempio.
Sumire scosse di nuovo la testa.
– Non ne ho la minima idea.
Myù sorrise.

E tanti ne dimostrava. Con la sua bella pelle e il corpo teso e sodo, se solo si fosse servita del trucco, avrebbe potuto facilmente dimostrarne dieci di meno. Ma evidentemente non voleva fare quel tipo di sforzi. Sembrava che avesse accettato il naturale manifestarsi dell'età, che vi si fosse adattata armoniosamente.

Scoprivo per la prima volta che libertà poteva significare soprattutto pace.

Più precisa, più precisa.
A pensarci, scrivere anche le cose che conoscevo (o credevo stata la mia di conoscere) come se non le conoscessi, è sempre prima regola come scrittrice. Se avessi cominciato a pensare: «Ah, questa cosa la conosco, perciò non vale la pena di perdere tempo ed energia a scriverne», mi sarei fermata 1í. Non sarei andata da nessuna parte. Per dirla in termini più concreti, se di una persona che frequento pensassi: «Lui lo conosco bene, quindi non è necessario che perda tempo a pensarci», e fossi tranquilla così, potrei prepararmi (potresti prepararti) a subire un duro tradimento. Dietro tutte le cose che crediamo di conoscere bene, se ne nascondono altrettante che non conosciamo per niente.
La comprensione non è altro che un insieme di fraintendimenti.
Questo è il mio piccolo metodo segreto per conoscere il mondo.

In questo nostro mondo, le «cose che sappiamo» e le «cose che non sappiamo» sono fatalmente inseparabili come gemelle siamesi, e la loro stessa esistenza è confusione. Confusione, confusione. Chi può distinguere il mare da ciò che vi si riflette? O dire dove finisce la pioggia e comincia la malinconia? È così che, di buon grado, ho smesso di fare differenza tra il sapere e il non sapere. Anzi, è diventato il mio punto di partenza. In un certo senso, un terribile punto di partenza. Seguendo questo ragionamento diventa impossibile separare forma e contenuto, soggetto e oggetto, causa ed effetto, me e le nocche delle mie dita. Come è impossibile separare sale e pepe, farina e fecola, indissolubilmente mischiati sul pavimento della cucina.

Perché dobbiamo tutti restare soli fino a questo punto? pensai. Che bisogno c'è? Con tutte le persone che vivono su questo di noi cerca qualcosa nell'altro, perché al pianeta, e se ognuno di la fine dobbiamo essere così soli? A che scopo? Forse il pianeta continua a ruotare nutrendosi della solitudine delle persone?

Chiusi gli occhi e tesi le orecchie pensando ai discendenti dello Sputnik, che continuavano ad attraversare il cielo, legati alla terra solo dalla forza di gravità. Solitari aggregati di metallo che nelle vuote tenebre del cosmo si incontrano per caso, quasi si sfiorano, quindi si separano per sempre. Senza scambiarsi parole, né promesse.

Alla fine della giornata, non mi restavano che pensieri all'interno dei quali era impossibile fare ordine.

Così continuiamo a vivere la nostra vita, pensai. Segnati da perdite profonde e definitive, derubati delle cose per noi più preziose, trasformati in persone diverse che di sé conservano solo lo strato esterno della pelle; tuttavia, silenziosamente, continuiamo a vivere. Allungando le mani, riusciamo a prenderci la quantità di tempo che ci è assegnata, e poi la guardiamo mentre indietreggia alle nostre spalle. A volte, nel ripetersi dei gesti quotidiani, sappiamo farlo anche con destrezza.

Il telefono continua a non squillare. Un silenzio che non offre promesse continua a riempire lo spazio all'infinito. Ma io non ho fretta. Non c'è bisogno di affrettarsi. Io sono già pronto. Posso andare in qualsiasi posto.

Mi alzo dal letto. Tiro una vecchia tenda bruciata dal sole, e apro la finestra. Metto fuori la testa e guardo in alto, verso il cielo lì è sospesa una mezza luna color muffa, perfettamente visibile. Per me è sufficiente. Vediamo tutti due la stessa luna nello stesso mondo. Siamo legati alla realtà da un'unica linea. Basta che riesca a trascinarla piano piano verso di me.